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- Come descriveresti te stesso a qualcuno che non ti conosce?
Creativo, distratto, testardo, insicuro, altruista.
- Com’è nata l’idea di creare _DENNJ_ ?
Sono originario della provincia emiliana, una realtà di poche anime. Dopo alcune esperienze nei settori più disparati, ho incontrato la mia vocazione definitiva nell’atelier di una stilista di paese, conosciuta un po’ per gioco durante le pause pranzo dal lavoro ufficiale. Con lei ho riscoperto i ritmi lenti ed imparato sul campo la precisione sartoriale, concetti che fanno rima con unicità.
Inizia tutto con una capsule di t-shirts, poi il sogno si dilata. Grazie a una breve, ma necessaria parentesi in una fashion school di Milano - città che diventa casa - comincio ad apprendere il linguaggio della moda e a conoscere i meccanismi del settore. Con questo valore aggiunto, ritorno al mio campo di prova quotidiano: le macchine da cucire. Qui disegno, sperimento, tento, immagino e realizzo, acquisisco manualità. Un esercizio di stile che non trascuro nemmeno per un giorno.
- Ti va di parlarci del tuo processo creativo? Ogni tuo capo viene realizzato con dei tessuti di recupero. Come scegli le parti tra questi e che tipo di tecnica usi per assemblare i tuoi capi?
È sempre una sorpresa! A volte parto con un’idea, altre volte con un’esigenza. Comincio a spaziare tra archivi di moda, sfilate, tour virtuali di musei, biografie di designers fino a perdermi tra le centinaia di finestre browser aperte. Quindi passo al cartaceo, e così via. Può durare un giorno, come una settimana.
Alla fine sono saturo, e il resto del processo è abbastanza tecnico. Rispetto alla scelta dei tessuti lavoro quasi sempre con monofibre naturali second life. Che vanno lavati, stirati, prototipati. Tutti i tessuti che utilizzo sono recuperati tra mercatini, viaggi, second-hand, vintage o donazioni. Molte volte non c’è abbastanza stoffa per quello che voglio creare, quindi inizio a fare abbinamenti, fino ad ottenere una color card. E finalmente realizzo il capo, con il cartamodello e i tessuti puliti. Una volta terminato l’intero drop, riesco a pensare al moodboard, dove ripesco tutto quello che avevo trovato in fase di ricerca, lo approfondisco, seleziono e realizzo la story digitale per stylists e social.
- Qual è l’occasione perfetta per indossare un tuo capo?
I miei capi sono audaci, unici, esclusivi, avant-garde, non convenzionali, artistici. I miei clienti ne riconoscono qualità, preziosità e coscienza. Vesto personalità con forti stili, identità con visioni eccezionali, non conformi, per le quali ogni giorno è un’occasione perfetta.
- Quando e come hai preso la decisione di diventare un designer che si batte per il concetto di moda circolare?
Da anni siamo sommersi da capi d’abbigliamento che buttiamo, che siano di buona fattura o fast fashion. Continuiamo a produrre, comprare, possedere e vogliamo avere sempre qualcosa di nuovo da indossare. Così mi sono detto basta e imposto delle regole. Io riciclo e trasformo capi, ne produco pochi, tutti unici. Il double face è uno dei miei punti fissi. Penso che sia importantissimo dare almeno due facce a un capo. Rendo il capo multifunzionale così che i clienti possano utilizzarlo come accessorio camaleontico, nel loro armadio. E allo stesso modo lo rendo indossabile da più taglie. La produzione rallenta, certamente, ma il prodotto finito è più preciso, più ragionato. Ripesco soluzioni ed escamotages dalla storia della moda (una volta sì che erano sostenibili!) e li ricolloco nell’oggi. Il cliente dovrebbe ritrovarsi con un pezzo timeless, che lo accompagni per diverso tempo.
- Che tipo di cambiamenti vorresti vedere nell’industria della moda?
Mi piacerebbe vedere un rallentamento da parte di tutta l’industria della moda, e magari usare tempo, soldi e risorse per fare ricerca e trovare soluzioni per accontentare la nostra voglia di novità, senza danneggiare il pianeta Terra.
- Qual è il consiglio migliore che qualcuno ti abbia dato?
Il primo consiglio che mi è stato dato è ancora il migliore. Parlando con Luz Molina, mia cara amica e designer che mi ha insegnato gran parte di quello che so, le chiedevo dove potevo iniziare a fare ricerca per la mia prima collezione, lei mi rispose: cerca nel tuo armadio o in quello dei tuoi famigliari, anche guardando una camicia di tuo padre ti possono venire idee, siamo creativi! Questo consiglio me lo porto sempre con me, mi dà forza.
- E il peggiore?
Mi hanno detto che a volte dovrei adattare il mio prodotto alle esigenze del mercato. Nulla di più contrario ai miei principi. Essere coerenti con se stessi è l’unico modo per definire l’identità e la riconoscibilità di un designer in mezzo al gigantesco mare della moda.
_DENNJ_