LOVE LAYERS OF COPENHAGEN
ZUZANA

Esiste un tipo particolare di silenzio che appartiene solo a Copenaghen — un silenzio che vibra appena sotto la superficie, come un battito che non riesci a nominare.


Per Zuzana, quel silenzio vive nel Winter Garden della Ny Carlsberg Glyptotek: palme, marmo e il mormorio della fontana. Uno spazio sospeso, dove il tempo si assottiglia e le emozioni riempiono l’aria.


“È quel tipo di quiete cinematografica in cui riesci a sentire il battito del tuo cuore”, racconta — una frase che sembra pronunciata direttamente dalla città attraverso di lei.

In questa immobilità, l’amore non si annuncia: arriva piano, come la luce che filtra attraverso il vetro della serra. Non lo insegui, lo riconosci.


In Zuzana, Love Layers of Copenhagen comincia proprio da qui — dalla presenza, da quella consapevolezza sottile che la bellezza può essere insieme vicina e fugace.

Il primo look racconta una storia d’istinto.
Zuzana attraversa la città in un completo leopardato, reso ancora più incisivo dalla giacca di Jil Sander — un paradosso di selvaticità e misura.

La stampa ruggisce in silenzio, con la sicurezza di chi non ha più bisogno di essere visto per essere sentito.
Il leopardato, sotto questa luce, diventa la sua armatura emotiva: sensuale, audace, consapevole.

Riflette il fuoco nascosto di Copenaghen — una città che appare composta in superficie, ma vibra di passione silenziosa sotto la pelle. Camminando tra colonne di marmo e vetri appannati, l’aria cambia. Ogni passo sembra seguire una coreografia invisibile — qualcosa tra la solitudine e la seduzione.
È in questa tensione che vive la presenza di Zuzana: la sua libertà addomesticata, la sua eleganza disarmata.

“Più tardi, l’atmosfera si trasforma.


Abbandona il leopardato per la calma geometria della scarf jacket di Toteme e la grazia affilata degli stivali al ginocchio in pelle Toteme.


La palette si fa più silenziosa — beige, marrone, ombra — e all’improvviso Zuzana diventa il riflesso stesso della città a fine ottobre: raccolta, introspettiva, luminosa ai margini.

“Se Copenaghen fosse una canzone,” dice, “sarebbe Miss You di Trentemøller — eterea, minimale, un po’ inquieta.”


E davvero, sembra di sentirla: una melodia che scivola come nebbia sopra i laghi, un amore che resta anche quando è già svanito. Quando immagina la sua storia d’amore qui, la descrive come un Before Sunrise scandinavo — lunghe passeggiate intorno all’acqua, conversazioni che non finiscono mai, caffè che si raffreddano mentre il pensiero continua.


L’ultima scena non è una fine, ma un riflesso: le luci della città che tornano indietro, infinite, come la memoria.

Con Zuzana, Love Layers of Copenhagen diventa una meditazione sul tempo — su come l’amore, come lo stile, non viva nel gesto, ma nella pausa tra un gesto e l’altro.





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