Con Maison Margiela, Lilia si muove in un territorio di ombre e frammenti.
Indossare l’Inside-Out Blazer Dress non è soltanto un gesto stilistico, ma un atto di ribellione. La giacca rovesciata rivela ciò che normalmente resta nascosto, esibisce le cuciture, i margini, le strutture che la moda tradizionalmente cela.
È un linguaggio che parla di verità scomoda e di bellezza imperfetta, un lessico che appartiene profondamente al DNA di Lilia.
Nel bosco, questo gesto si amplifica. Le radici contorte e la corteccia millenaria diventano lo specchio della decostruzione: superfici irregolari, fenditure, lacerazioni che risuonano con il taglio e la materia dell’abito.
Lilia non posa, ma si intreccia con il paesaggio, fino a confondersi con esso.
In lei, Margiela non è mai puro concetto: diventa carne e legno, gesto e ferita, silenzio e presenza.
La sua forza sta nel trasformare la vulnerabilità in autorità.
Ciò che appare incompleto diventa totale, ciò che sembra precario diventa eterno. Lilia incarna la filosofia di Margiela come pochi: la sottrazione come linguaggio, la decostruzione come atto di potere, la fragilità come nuova forma di identità.
In questa unione tra corpo e abito, tra musa e maison, il bosco stesso diventa laboratorio. Non più uno spazio naturale da abitare, ma un luogo di trasformazione, dove le regole della moda vengono rovesciate e riscritte.
Con Jean Paul Gaultier, Lilia incarna uno spirito di teatro e provocazione.
Il Petit Grand Maxi Dress è uno dei suoi capi più iconici—esagerato nelle proporzioni e al tempo stesso preciso nei dettagli, un equilibrio fra spettacolo e rigore. Su Lilia diventa più di un abito: è armatura e apparizione, emblema di sfida portato nel cuore del bosco.
Sul fondo di radici e ombre, il vestito assume un significato diverso. I suoi volumi riecheggiano l’ampiezza del paesaggio, le sue linee tagliano con decisione il silenzio degli alberi. La presenza di Lilia accentua questo contrasto: la sua postura è intransigente, i suoi gesti misurati eppure elettrici. Trasforma il dramma di Gaultier in qualcosa di rituale, una performance privata delle luci di scena e ricollocata nel crepuscolo della foresta.
Gaultier ha da sempre tratto forza dalla sovversione—distorcendo i codici di femminilità, sessualità e spettacolo. In Lilia queste idee non sono semplicemente rappresentate, ma incarnate. Lei non imita l’eccesso teatrale; lo porta con sé, radicandolo nelle trame grezze della terra e della corteccia. Ne nasce una visione in cui la couture non è distante o ornamentale, ma viscerale, immediata, persino primordiale.
Attraverso Lilia, il mito di Gaultier si rinnova. La foresta diventa la sua passerella, il silenzio la sua colonna sonora, la musa la sua più fiera collaboratrice.
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